Le vene del nostro organismo servono a riportare il sangue consumato a livello dei tessuti e quindi povero di ossigeno, dalla periferia al cuore; quest’ultimo lo pompa nel circolo polmonare, dove avviene l’ossigenazione del sangue, per poi ritornare al cuore che lo pompa nuovamente in periferia, attraverso le arterie.
Le vene costituiscono una vera e propria rete tridimensionale nella quale ogni vena comunica con le vene vicine, poste sullo stesso piano o su piani diversi. Il network complessivo è composto da molte reti venose, disposte su piani più o meno profondi, collegate tra loro da vene dette comunicanti o perforanti. Per fare un esempio di rete venosa si pensi alle venature delle foglie.
Negli arti inferiori troviamo le vene muscolari che drenano poi nelle vene satelliti delle arterie. La rete venosa che si trova all’interno dei muscoli costituisce una parte davvero importante della massa degli arti inferiori e corrisponde al circolo venoso profondo.
Tutte le vene che si trovano invece nella cute, nel grasso sottocutaneo, costituiscono il network venoso superficiale che a sua volta drena nelle vene profonde tramite vene dette perforanti. Il circolo venoso superficiale e quello profondo sono separati dalla fascia superficiale, una sorta di guaina fibrosa che contiene i muscoli, le ossa con le articolazioni, le arterie e le vene profonde degli arti inferiori.
L’architettura a network delle vene di calibro maggiore si ripete a livello microscopico per creare una rete complessa di vasi venosi (arteriosi e linfatici) che compenetra in ogni sua parte l’intero organismo. (Figure 2 e 3).
Il ritorno venoso dagli arti inferiori: posizione orizzontale, posizione eretta e seduta, deambulazione
Il ritorno del sangue venoso dagli arti inferiori avviene in maniera diversa a seconda della posizione del corpo. In posizione orizzontale (quando riposiamo a letto) le vene delle gambe risultano essere più o meno alla stessa altezza del cuore (meta del ritorno del sangue venoso) per cui il ritorno è favorito dall’assenza della pressione idrostatica causata dalla forza gravitazionale che agisce sulla massa di sangue contenuto nella vena. Quindi in posizione orizzontale di riposo il ritorno venoso è favorito dalla riduzione della pressione all’interno delle vene degli arti inferiori e dalla respirazione in quanto la gabbia toracica durante le escursioni respiratorie determina delle pressioni negative (in inspirazione) che richiamano il sangue venoso dalle vene addominali e dalle vene degli arti.
Durante la stazione eretta invece il ritorno venoso dagli arti inferiori è ostacolato dalla pressione idrostatica che sarà maggiore quanto più la vena si trova in basso rispetto al cuore. Per questo durante la stazione eretta il ritorno venoso è favorito soprattutto dalla contrazione dei muscoli degli arti inferiori che spremendo in maniera sequenziale (dinamica deambulatoria) le vene muscolari determinano una accelerazione centripeta del sangue dalle vene muscolari alle vene satelliti delle arterie, alle vene addominali fino ad arrivare al cuore.
Le vene hanno al loro interno delle valvole unidirezionali che consentono il passaggio del sangue dalla periferia al centro, ma si chiudono quando il sangue tenderebbe a invertire la sua marcia andando dal centro alla periferia come avviene quando ci mettiamo improvvisamente seduti o in piedi per effetto della pressione idrostatica o quando aumentiamo la pressione addominale durante la contrazione dei muscoli addominali. La chiusura di queste valvole determina la segmentazione della colonna di sangue nelle vene degli arti inferiori, consentendo così di ridurre molto la pressione parietale nei singoli segmenti.
In posizione eretta o seduta immobile e/o prolungata, la pressione idrostatica determina quasi un arresto del flusso venoso nelle vene degli arti inferiori. La pressione endovenosa è proporzionale all’altezza della colonna di sangue sovrastante al punto di misurazione, tale colonna di sangue avrà al massimo un’altezza che va da terra (le vene della suola plantare) fino al cuore (limite superiore); per cui il sistema venoso si riempie e le vene si dilatano maggiormente nella parte più bassa delle gambe, in particolare caviglia e piede, proprio lì dove la pressione idrostatica è maggiore, a causa di una non chiusura delle valvole venose, non attivate opportunamente dai muscoli.
Quando camminiamo la sequenziale attivazione dei muscoli degli arti inferiori determina una simultanea compressione delle vene muscolari con conseguente chiusura delle valvole a monte e apertura delle valvole a valle del muscolo in sistole (contrazione), mentre si avrà un’apertura della valvola a monte con aspirazione di sangue nelle vene del muscolo in fase di diastole (rilascio) e una chiusura della valvola a valle dello stesso per effetto della maggior pressione nel segmento venoso sovrastante (Figura 4).
Questo meccanismo dinamico di segmentazione valvolare dipendente dall’azione dei muscoli viene definito pompa valvulo muscolare la cui azione durante la deambulazione serve a frazionare dinamicamente la colonna pressoria idrostatica che grava su caviglie e piedi offrendo benefici all’intero sistema di circolazione venosa degli arti inferiori.